Che valore ha portato (finora) l’Intelligenza Artificiale Generativa a noi umani ascoltatori appassionati di Musica?
Nessuno.
Quanti casini e porcherie sta causando l’AI generativa al mondo dello streaming audio e all’industria musicale in generale?
Tantissimi.
In queste pillole ho riassunto un po’ di quelle porcherie di cui sopra… lasciandoti però intravedere un barlume finale.
INTRO.
Negli ultimi anni, gli artisti musicali sono stati spinti verso le piattaforme di streaming, in cambio di royalties veramente misere.
Ora l’intelligenza artificiale generativa sta mettendo in subbuglio streaming e industria musicale.
Daniel Ek (CEO e fondatore di Spotify) ha ammesso di non aver mai visto nulla «muoversi con la stessa velocità dello sviluppo dell’AI».
«È una vera e propria inondazione» (Tony Rigg, Docente di Gestione dellIndustria Musicale).

«OVERSTREAMING».
Quello dello streaming audio è uno dei mercati più concorrenziali al mondo.
Ogni giorno su Spotify vengono caricate 100 mila canzoni (più di un brano al secondo), il 25% delle quali non verrà mai ascoltato.
Il numero dei nuovi upload continuerà ad aumentare, grazie soprattutto alla crescente velocità di produzione e distribuzione consentita dai tool di AI.
Riuscire ad essere visibili (e quindi “ascoltabili”) sarà sempre più difficile.

«STREAMING ARTIFICIALE»: “FARE IL BOTTO” CON I BOT!
Ci sono società che promettono incrementi di ascolti (con i «bot»).
Attirano gli artisti emergenti, convinti che l’acquisto di un pacchetto di ascolti possa garantire maggiore visibilità e quindi l’entrata in una playlist ufficiale, o magari un contratto con un’agenzia o etichetta.
Spotify ha recentemente rimosso decine di migliaia di canzoni create da «Boomy» (generatore di musica con l’AI), ascoltate in modo «artificiale».
L’artista Daniel Benson (BNXN) ha denunciato l’esistenza in Nigeria di vere e proprie «streaming farm» pagate dai boss delle etichette discografiche: nessun fan o persona vera, ma solo bot che lavorano per far scalare le classifiche di vendita in automatico.

IPOCRISIA ARTIFICIALE.
Mentre le major annunciano lotta feroce contro le AI addestrate con il lavoro dei propri artisti, la stessa tecnologia sta già aiutando altri artisti a guadagnare, riducendo sforzi e investimenti.
Ad aprile è diventato virale (e poi rimosso da Spotify) un brano generato riproducendo le voci di Drake e The Weeknd.
Grimes permetterà all’AI di usare la sua voce, in cambio della metà dei diritti d’autore sui brani generati.
Conclusioni…
Con poco tempo e un catalogo infinito a disposizione, le persone scelgono di ascoltare le canzoni create dai loro artisti preferiti o quelle più popolari sui servizi di streaming; ma il giro vizioso di «AI / ascolti fraudolenti / musica funzionale» sta erodendo progressivamente la fiducia nell’industria musicale.
Sono convinto che, come in tanti altri ambiti digitali, il problema sia di natura culturale:
- abbassamento della qualità media dell’offerta musicale;
- perdita di valore percepito;
- assenza di programmi e contenuti di approfondimento (soprattutto in Italia);
- progressiva e patologica perdita di capacità critica, soprattutto da parte dei giovanissimi.
… ma per fortuna, scavando nella montagna di letame del mondo dello streaming musicale… puoi anche trovare una bella storia di successo di un certo livello:
il clamoroso servizio di «Playlist su Misura» powered & designed by ilRicky.com.
«Intelligenza Naturale, in Purezza».

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